Martedì 11 aprile il Palazzetto dello Sport di Correzzo di Gazzo Veronese ha ospitato “Lezione di legalità”. L’incontro organizzato da Alessandra Di Vita docente della scuola media “A. Pasetto” di Roncanova, figlia di Lucia Ievolella e nipote del maresciallo dei Carabinieri Vito Ievolella, ucciso dalla Mafia nel 1981.

Relatrice Lucia Assunta Ievolella, dirigente scolastica dell’IIS Paolo Cascino di Palermo e, come detto, figlia del maresciallo maggiore Ievolella.
Ha moderato l’incontro la Dirigente Scolastica dell’I.C. di Sanguinetto Caterina Pagano, presenti il sindaco di Gazzo Veronese Stefano Negrini, l’assessore ai Sevizi Sociali Chiara Vecchini e il Comando dei Carabinieri della Stazione di Gazzo.

Agli alunni e agli insegnanti della Scuola Secondaria di primo grado “A. Pasetto”, Lucia Assunta Ievolella (nella foto la prima a destra) ha raccontando la storia di suo padre.

LA STORIA DI VITO.
La storia di un vero uomo dello Stato, diventato maresciallo maggiore dei carabinieri e assegnato a Palermo dove prestò servizio dal 1960 e dal 1965 nel nucleo investigativo del Comando di Gruppo, fino al giorno della sua morte.
I risultati ottenuti grazie alle sue tecniche investigative furono ricompensati da 7 encomi solenni e da 27 apprezzamenti del comandante generale dell’Arma dei Carabinieri.

Vito Ievolella si integrò nel tessuto di Palermo, in mezzo alla gente, raccogliendo le confidenze delle persone. Il suo intuito e la sua arguzia, tanto che venne soprannominato “il segugio”, lo portarono a risolvere diversi casi e a consegnare alla giustizia numerosi malavitosi.
Purtroppo però, quello che venne definito il “Rapporto Savoca +44”, fu il caso che decretò la sua fine quando nel 1980 Vito Iavolella scoprì un contrabbando di sigarette e un traffico di stupefacenti,con conseguente omicidio. Il tutto faceva capo alla famiglia mafiosa Spadaro della Kalsa che decise di eliminarlo. Il 10 settembre 1981, mentre si trovava a bordo della sua auto, una Fiat 128, con la moglie, venne freddato da quattro killer in piazza Principe di Camporeale a Palermo.
La moglie, e mamma di Lucia Iavolella, si salvò miracolosamente.
Il processo (dopo essere stato più volte riaperto) si concluse dopo 22 anni dopo con la condanna all’ergastolo del capomafia Masino Spadaro e a pene minori per gli esecutori materiali in quanto collaboratori di giustizia.

IL MESSAGGIO DI LUCIA.
«Sicuramente è un dovere, onorare e divulgare alle giovani generazioni questi messaggi – ha spiegato Lucia Iavolella agli alunni – perché noi figli di caduti per mano della Mafia abbiamo un vissuto emotivo e psicologico particolare. Noi ci portiamo dietro la memoria di persone che hanno inciso profondamente nella società grazie al loro comportamento, spinto all’estremo del sacrificio della vita: ciò dimostra che credere nei valori della giustizia è la cosa più importante che ci sia nella vita. Dobbiamo trovare pertanto le modalità per portare avanti questo discorso: una scelta che non è la conseguenza di un atto di protagonismo, ma è un dovere morale. Dobbiamo dare il nostro contributo, attraverso la nostra esperienza personale, alla crescita della società e ad un’azione di persuasione soprattutto nei confronti delle giovani generazioni che si devono tenere lontane dall’azione criminale della Mafia e a loro volta diventino un esercito di onesti che combatte contro l’illegalità e l’ingiustizia».