Da tempo non si vedevano gli spalti dell’arena consigliare di Palazzo de’ Stefani così gremiti di pubblico come ieri sera, lunedì 6 marzo.

E sarà stata la folta rappresentanza di “Mamme no PFAS” e di legnaghesi preoccupati per l’asserito inquinamento della fabbrica Chemviron – con tanto di magliette e cartelloni di protesta – a convincere gli amministratori ad anticipare al primo punto la trattazione dell’ordine del giorno delle minoranze e relativo al monitoraggio dei fumi dello stabilimento di Via Malon.

I toni iniziano accesi, almeno a sentire il consigliere Simone Tebon, pronto ad addossare al sindaco Lorenzetti ogni responsabilità, persino per il rilascio agostano dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) di competenza della Provincia.

Diego Porfido, capogruppo di Legnago Futura, prova a mitigare la polemica, consapevole – per sua stessa ammissione – che lui ed il suo gruppo, due anni fa, non supportarono la battaglia della maggioranza per favorire lo spostamento degli impianti lontano dal cuore della Città: «prima dell’intervento dei N.O.E. (Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri) malgrado le lamentele dei cittadini, non avevamo gli strumenti per capire e giudicare».

Già, i N.O.E.: Chemviron, che si occupa di rigenerazione dei carboni attivi esausti, anche contaminati da PFAS, è sottoposta a verifica ambientale integrata da parte del dipartimento provinciale di ARPAV (Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto) le cui analisi, in questi anni, avrebbero sempre dato risultati incoraggianti. Il tutto sino al blitz del giugno scorso dei N.O.E., appunto, che si avvalgono sempre di ARPAV ma riescono ad ottenere che le verifiche vengano svolte alla loro maniera.

Ne consegue la richiesta di ARPAV alla Provincia per l’aggiornamento dell’AIA con prescrizione limitativa nell’uso dei camini e, soprattutto, l’ordinanza del primo cittadino legnaghese che – nella trascuranza di altri enti scaligeri – vieta a Chemviron l’uso di un forno e di un camino per le lavorazioni.

Roberto Danieli e Mattia Lorenzetti, in difesa del sindaco, battono il tasto sulla scelta dell’amministrazione di impedire la riqualificazione edilizia dello stabilimento, in discontinuità rispetto a quanto deciso dall’amministrazione precedente di centrosinistra.

Tocca poi a Loris Bisighin, nella duplice veste di consigliere comunale e provinciale, l’illustrazione degli aggiornamenti in materia di conferenza dei servizi: «una dozzina di giorni fa c’è stata conferenza dei servizi, con regione, Arpav, Provinca, Ulss, Acque veronesi e Comune, per valutare le risultanze dei parametri delle immissioni, pur non esistendo una centralina capace di campionare i PFAS».

La Chemviron di via Malon a Legnago

Poi l’intervento del sindaco Graziano Lorenzetti serve a convincere i rappresentanti dei vari schieramenti – forse con l’esclusione del superconsigliere Tebon – degli effettivi scarsi poteri in ambito ambientale da parte delle amministrazioni comunali: i municipi non possono fare a meno di Arpav, perché la legge regionale affida a quest’ultima agenzia – e solo a questa – l’incombenza dei controlli sull’inquinamento».

E così, apertasi una possibilità di dialogo tra maggioranza e opposizione, il presidente Longhi sospende il Consiglio e riunisce l’ufficio di presidenza che dopo un quarto d’ora trova un compromesso: ordine del giorno ritirato ed impegno dei capigruppo a ripresentarne uno unitario che, scevro da polemiche, possa rivolgersi ad Arpav e a tutti gli attori istituzionali con competenze in materia di salute, per intensificare i controlli, migliorare i campionamenti e diffondere con maggiore efficacia le notizie ufficiali su eventuali emissioni nocive da parte di Chemviron

In chiosa d’argomento viene ricordato che da un anno a questa parte è attivo un servizio di raccolta ufficiale delle proteste dei cittadini in merito all’inquinamento: foto, filmati con riferimenti di date e orari vanno inviati alla mail del Comune info@comune.legnago.vr.it

[PCC]