Lunedi è morto in ospedale a Verona un signore, convintamente no-vax, così convinto che il covid non esistesse da morircene.
Di nome faceva Maurizio Buratti, carrozziere ultrasessantenne, noto per le sue boutade no-vax al pubblico radiofonico de La Zanzara su Radio 24, come “Mauro da Mantova”.

È morto nella Terapia Intensiva Covid di Borgo Trento. L’ha ucciso il virus, quello che lui aveva sbeffeggiato, rinnegato e provocato andando al supermercato, positivo, con la mascherina sotto al naso e la febbre: raccontava orgoglioso alla “Zanzara”di «aver fatto l’untore» spargendo germi addosso a tutti, «vediamo adesso chi ha ragione» – diceva.
Poi quando si è sentito la morte addosso, ha provato a tenersi stretta la vita. Ha implorato «salvatemi». Ma era troppo tardi».

Il 24 dicembre alla Vigilia di Natale, invece, è caduto dopo mesi di malattia per le complicazioni di un tumore causato dall’uranio impoverito  all’ospedale di Catania, Ivano Testaì, 42 anni di Assaro, in provincia di Enna, doveva sposarsi in questi giorni con Jessica.
Fedele servitore dello Stato che ha difeso gli interessi della nostra Nazione in Kosovo da dove è rientrato con una neoplasia dovuta dall’uranio impoverito, elemento presente nel munizionamento Nato usato abbondantemente nella guerra contro la Serbia.

Il primo, dello Stato, dei suoi valori, delle sue regole, si è fatto beffe. Il secondo, le ha portate così in alto da accettare senza rabbia il triste destino che il dovere gli ha assegnato. Il primo ha avuto “l’onore” di essere invitato in media nazionali a dire la sua, a diffondere la “controcultura” dei no-vax, ad alimentare coi suoi comportamenti scorretti il propagarsi della pandemia, a renderla permanente ed a vanificare gli sforzi di milioni di Italiani perbene.

Il secondo non se l’è filato nessuno, è morto in silenzio, nel suo letto d’ospedale, senza telegiornali, senza giornalisti d’assalto, senza visibilità, per quanto può servire lo ricordiamo noi.

E come lui sono morti altri 400 soldati d’Italia che hanno contratto tumori per causa di servizio che però la Difesa non riconosce. 7mila500 ammalati, 400 caduti: questo è il costo nascosto delle operazioni di pace. Per vedersi tutelati, i militari sono costretti a fare causa allo Stato, quello Stato che hanno giurato di difendere.

Ora quel militare avrebbe avuto sì tutto il diritto alla ribalta dei media, il diritto di raccontare i suoi problemi, i suoi sogni di padre, il suo servizio reso al Paese. – racconta Beppe Giuliano su L’Adige.
Il fatto che ciò non sia avvenuto la dice lunga su cosa è diventato questo Paese: un posto che premia chi opera contro i suoi interessi. Basta che faccia audience.