«I nostri collaboratori in Ungheria sono già vaccinati, mentre in Italia siamo ancora nell’incertezza, non ci sentiamo considerati, il manifatturiero viene trattato come un settore di ‘serie b’.
Abbiamo assunto tre medici e tre infermieri per somministrare le dosi in azienda, eravamo pronti dieci giorni fa, poi Draghi ha posticipato il via a metà maggio e Zaia a giugno. Potremmo mettere in sicurezza tutto il personale e aiutare anche la popolazione ma non ce lo lasciano ancora fare».
È molto amareggiato Alessandro Riello, patron di Aermec l’azienda del gruppo Giordano Riello International Group, con sede a Bevilacqua e con 6 società estere di distribuzione in mezzo mondo, 300 milioni di fatturato e oltre 700 dipendenti,
nell’intervista ad Alessandro Gonzato per il giornale di Feltri, Libero.
«Quando è scoppiata la pandemia – dice il presidente di Aermec – abbiamo subito pensato a salvaguardare la salute dei lavoratori. Abbiamo speso centinaia di migliaia di euro, anticipando tutti i dpcm, abbiamo distribuito più di 640 mila mascherine, cambiandole ogni giorno, assunto uno staff medico ed effettuato oltre 7 mila tamponi.
Nell’ultimo periodo abbiamo comprato anche quelli suscettibili alle varianti. Di fatto abbiamo affiancato la sanità pubblica».
Quante vaccinazioni sareste in grado di fare?
«Fino a 250 al giorno. Nel gruppo tra dipendenti e collaboratori siamo 1.700, quindi in una settimana sarebbero tutti tranquilli e potremmo dare una mano al resto della cittadinanza».
Cosa vi blocca?
«Faccio un passo indietro. Quando è uscita la notizia che le aziende potevano diventare luoghi di vaccinazione abbiamo contattato l’Ulss di riferimento e allestito un centro vaccinale secondo le prescrizioni. Siamo stati accreditati dallo Spisal, (servizio per la prevenzione e l’igiene nei luoghi di lavoro, ndr) a quel punto dovevamo solo infilare la chiave nella serratura e spingere la porta, c’era già una data, il 15 aprile, ma la mancanza di vaccini e il caos Astrazeneca hanno portato le istituzioni a rinviare.
Il governo dice a metà maggio, la Regione il 16 giugno. Guardi: non so se sono più arrabbiato, deluso o demoralizzato. Si parla di tutto e di più, ma la realtà è che non c’è chiarezza».
In questo momento l’attenzione è focalizzata sulla ristorazione e il turismo.
«Categorie per le quali ho grandissimo rispetto, però la spina dorsale manifatturiera sta passando in secondo piano. Si vaccinano le cooperative di giardinieri, che ben venga ma lavorano all’aperto. Non si pensa alla gente chiusa in fabbrica e che contribuisce maggiormente al Pil. Alcuni miei commerciali stamattina sono partiti per la Turchia, non sono tutelati».
Quante infezioni avete avuto in azienda?
«In tutto il gruppo meno di 100, grazie ai nostri investimenti».
Un anno fa si ipotizzava l’uso di macchinari di sanificazione dell’aria, soprattutto nelle scuole, poi non se n’è più parlato. Avete ricevuto proposte dal governo?
«No, perché non si tratta di mettere un apparecchio sul tavolo, ma di intervenire sugli impianti, che in quasi tutti gli istituti sono vecchi. Stiamo puntando molto sui privati: abbiamo una lampada che grazie al fotovoltaico riesce a eliminare fino all’84% di ogni virus sulle superfici. Il dato è certificato dall’Università di Padova. Pensi ai benefici per gli ospedali e le case di cura».