Tra il 2019 e il 2020 i dati evidenziano un calo delle procedure concorsuali presentate in Tribunale a Verona, grazie agli interventi normativi che hanno congelato molte posizioni di aziende prossime alla crisi.

Nel frattempo la contrazione di liquidità per le imprese è sempre più pesante e le nuove regole sui conti correnti sono più stringenti in caso di sconfinamento, per cui è più facile diventare un cattivo pagatore.

I dati di Verona
Sul fronte della crisi di impresa a Verona si registra tra il 2019 e il 2020 un trend in discesa con -28% di procedure di fallimento. Si è infatti passati dalle 258 procedure del 2019 alle 157 del 2020, mentre i concordati sono scesi del -32%, passando dai 29 del 2019 ai 20 del 2020.
Tra il 2018 e il 2019 i concordati erano lievemente in salita da 26 a 29, mentre i fallimenti erano sensibilmente aumentati dai 175 del 2018 ai 218 del 2019. Si tratta di dati in linea tendenziale con quelli del Veneto dove tra il 2019 e il 2020 i fallimenti sono calati del 27%, passando dai 987 del 2019 ai 713 del 2020, mentre i concordati sono diminuiti a livello regionale del 37%, passando dai circa 164 del 2019 ai 103 del 2020, secondo Portalecreditori.it.
Tra le province del Veneto, Verona, con i suoi 157 fallimenti dichiarati nel 2020, è al secondo posto dopo Padova con 162 fallimenti, mentre per i concordati è seconda a Treviso che ha 21 procedure aperte.

Il commento di Alberto Mion
«Sicuramente in questo periodo specifico i dati non rispecchiano la realtà – osserva Alberto Mion, presidente dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Verona – le imprese in difficoltà sono tante e forse siamo in una situazione da quiete prima della tempesta; e più la situazione di emergenza si protrarrà, più sarà alto il rischio di aumento dei fallimenti e dei concordati; e aggiungo, anche del passaggio di mani, ovvero di cessioni, delle attività, delle imprese».

Il commento di Claudio Ceradini
«Le imprese sono appena uscite da una lunga, problematica e forse epocale crisi, iniziata nel 2007 con il default di Lehman Brothers – dichiara Claudio Ceradini consigliere dell’Ordine con delega alla crisi d’impresa – . È stato un percorso che al prezzo di una selezione durissima ha migliorato nella media la solidità finanziaria delle PMI italiane.
Un dato per tutti, nel 2007 il rapporto tra debiti finanziari e patrimonio era del 115%, nel 2019 era sceso al 61%. La pandemia ha lanciato una nuova e più complessa sfida, non solo finanziaria ma di mercato, che imporrà anche radicali cambiamenti nei modelli di business di chi vorrà rimanere al passo.
Gli interventi di congelamento del debito e di supporto finanziario straordinario hanno sino ad ora creato una sorta di più o meno robusta bolla, che nel breve termine però svanirà, quando le moratorie cesseranno, e la finanza da Covid-19 dovrà essere restituita.
Da quel momento le PMI dovranno camminare da sole, ed è prevedibile che saranno molte a non farcela se le soluzioni di rilancio non verranno studiate ed applicate con il dovuto anticipo».

Il rapporto banca-impresa
Dal 1 gennaio 2021 è entrata in vigore la nuova disciplina del rapporto banca-impresa, per cui sarà più facile finire nella lista dei cattivi pagatori gestita dalla centrale rischi della Banca d’Italia in caso di sconfinamento del conto corrente, con l’effetto di impedire l’accesso a delle nuove linee di credito.

Molti addebiti automatici, in caso di mancanza di liquidità nel conto corrente, potrebbero non avvenire. Secondo la nuova normativa appena entrata in vigore, le banche dovranno dichiarare inadempienti le imprese in arretrato di pagamento per oltre novanta giorni sugli importi superiori ai cinquecento euro riferiti a uno o più finanziamenti e che rappresentino più dell’1% dei debiti totali. In base alle nuove regole, il default di una posizione si estenderà automaticamente a tutti i finanziamenti del cliente nella stessa banca.
Inoltre i margini attivi dell’impresa presenti sulle altre linee di credito, non potranno più essere usati per compensare le pendenze ed evitare l’inadempienza, con l’effetto che sarà più facile finire sulla lista dei cattivi pagatori gestita dalla centrale dei rischi della Banca d’Italia non è un problema da poco perché impedisce di accedere ad altre linee di credito.

«Un’ulteriore difficoltà di accesso al credito – conclude Mion – in questo momento è doppiamente gravosa, sia per le imprese che per le famiglie che stanno affrontando con enorme difficoltà le ripercussioni economiche dell’emergenza sanitaria, e potrebbe spingere al ricorso a fonte alternative favorendo il racket e l’usura.
Su questi aspetti i commercialisti, anche a Verona, sono in prima linea per la prevenzione e il contrasto al racket dell’usura e dell’estorsione».