La replica del Presidente Regionale di Federsolidarietà Veneto Roberto Baldo:
«Caro consigliere Valdegamberi, spiace leggere ancora una volta sui media attacchi strumentali ai gestori dei Centri diurni (che è bene ricordare, non sono solo Cooperative sociali) che hanno il retrogusto amaro della polemica elettorale.
Abbiamo meditato sull’opportunità di replicare per evitare strumentalizzazioni ma di fronte ad accuse immotivate la reazione è dovuta.
Tacere potrebbe sembrare una ammissione di responsabilità.
Le cose non stanno proprio come le descrive Lei.
Le sue affermazioni portano a distorcere la realtà e diffondono notizie false o mezze verità, forse per ottenere visibilità ed aumentare il consenso elettorale».

È così che Roberto Baldo, Presidente Regionale di Federsolidarietà Veneto, che associa 400 cooperative sociali, replica alle accuse. Non ci sta a vedere la Cooperazione sociale messa alla gogna con insinuazioni diffamatorie, ma soprattutto infondate, lanciate come pietre dal consigliere nei giorni scorsi sui social e oggi sulla stampa.

«I centri Diurni – prosegue – non sono chiusi perché si devono smaltire le ferie (che dove era possibile sono state usate nel periodo di chiusura obbligata) ma lo sono perché i gestori, tutti i gestori, devono rispettare il calendario di aperture e chiusure stabilito dalle ULSS e dalla Regione Veneto, il quale prevede che i Centri siano aperti 227 giorni al massimo nell’arco dell’anno. E fare due conti non è difficile.
Se poi invece la politica volesse realmente aiutare le famiglie, trovi i fondi per aprire 260 giorni l’anno. Le Cooperative sociali sono pronte!
E’ troppo facile confondere le acque sul continuo taglio di risorse buttando la croce sul Cireneo di turno. Se proprio si vuole ascoltare il disagio rappresentato da alcune
famiglie si dica con chiarezza che risposte adeguate e appropriate ai bisogni delle persone con disabilità, soprattutto di quelle più problematiche, hanno bisogno di essere sostenute, promosse e finanziate».
«Le nozze con i fichi secchi a Verona le abbiamo dovute fare per decenni con rette sensibilmente al di sotto della media regionale. Eppure, la Cooperazione e più in generale tutti gli Enti gestori non si sono mai sottratti. Rispetto al periodo di lockdown – precisa ancora il presidente Baldo – è stato riconosciuto dalla Regione e dalle Aziende ULSS un importo pari al 90 % della retta, ma tutti i centri si sono sempre adoperati per cercare di dare sollievo alle famiglie, con interventi domiciliari e di sostegno concordati sempre con le ULSS, che ovviamente hanno richiesto l’impegno di numerosi operatori. Senza contare che il reclutamento forzato di infermieri e operatori da parte delle ULSS ha depauperato la forza lavoro delle Cooperative mettendole in ulteriore, grave difficoltà.
Non abbiamo fatto altro che rispettare i vari DPCM e Ordinanze che ci sono state imposte. C’è consapevolezza di cosa significhi, per le ULSS e per i gestori, sottoporre a tampone centinaia di persone tra utenti e operatori? Di quanto tempo ed energie richiede?
Insinuare che la cooperazione abbia in qualche misura non voluto dare sostegno alle famiglie è una accusa gravissima, soprattutto se viene da un consigliere che nel passato ha rivestito il ruolo di assessore al sociale.
Ogni istituzione si assuma le proprie responsabilità cercando di lavorare per creare un clima di collaborazione e dialogo costruttivo piuttosto che fomentare sentimenti di contrapposizione e di ‘guerra fra poveri’.
In un momento delicato come quello che tutti stanno attraversano non ce n’è davvero bisogno.
In merito invece al lockdown l’invito al consigliere Valdegamberi e a tutti gli altri candidati alle regionali è quello di andare a leggere i bilanci delle cooperative sociali dei primi sei mesi, e di cercare soluzioni, strumenti e azioni per sostenerci invece che attaccarci. Se le cooperative dovessero chiudere, il welfare sarebbe smantellato».

Ecco cosa aveva detto Valdegamberi al quotidiano L’Arena nell’articolo di Laura Perina.
LA DENUNCIA. I CEOD CHIUDONO PER FERIE «I DISABILI REGREDISCONO».
I familiari protestano, interviene anche il consigliere regionale Valdegamberi.

Neanche il tempo di ripartire, dopo tre mesi di lockdown, che alcuni centri diurni per persone con disabilità chiudono di nuovo per le ferie estive.
Che sono un diritto, per carità, ma dal sapore amaro per tante famiglie già provate dalla presa in carico domestica che durante la sospensione delle attività, nella «fase 1», ha fatto sentire ancora più forte il peso della disabilità dei loro cari e dell’assistenza di cui questi hanno bisogno. Alcuni lettori ci scrivono per segnalare i loro disagi e sulla vicenda interviene anche il consigliere regionale Stefano Valdegamberi, veronese, già assessore al Sociale.
«In questi giorni sto ricevendo diverse telefonate da parte di famiglie di ragazzi disabili. Molti genitori si raccomandano di non far sapere i loro nomi per timore di ritorsioni.
È un mio dovere lanciare un appello perché il servizio non si interrompa». Le cooperative che gestiscono i Ceod, ha detto il consigliere, «avrebbero potuto smaltire le ferie durante il lockdown, com’è stato fatto da moltissime aziende e come indicato dai Dpcm che hanno introdotto disposizioni per il contenimento dei contagi riguardanti i lavoratori e i datori di lavoro».
C’è il paragrafo: «Si raccomanda ai datori di lavoro pubblici e privati di promuovere la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti dei periodi di congedo ordinario e di ferie». Prosegue Valdegamberi: «Alcune non lo hanno fatto e hanno deciso di chiudere ora per due settimane, mettendo ancora una volta in difficoltà le famiglie, sempre più lasciate sole, che vedono sospeso un servizio tra l’altro già ridotto a un paio di giorni alla settimana a causa del Covid-19».

Nella provincia scaligera le strutture diurne e semiresidenziali per ragazzi e adulti con disabilità sono 62, gestite da enti convenzionati con la Ulss 9 e frequentate da circa 1.500 persone.
La Giunta regionale del Veneto aveva dato il via libera alla loro riapertura a partire da lunedì 18 maggio, ma alcuni ritardi nella predisposizione dei piani attuativi (necessari per il riavvio) avevano fatto slittare la ripresa delle attività alla prima metà di giugno.
Un ritorno alla normalità sembra ancora lontano e non solo per le molte regole limitanti la socializzazione.Una nostra lettrice, caregiver famigliare e attivista per i diritti delle persone con disabilità, spiega: «Per le famiglie di persone con disabilità i centri diurni rappresentano una boccata d’ossigeno dalla routine quotidiana, in particolare in questo periodo post emergenza, che ha significato la sospensione di tante attività. Il bisogno di staccare è forte per tutti, per i famigliari e per gli stessi ragazzi con disabilità, alcuni dei quali stanno regredendo senza questo specifico servizio di cura e intrattenimento. Invece ad agosto si chiude tutto, come se non fosse successo niente».
Valdegamberi ricorda: «La Regione ha dato copertura economica totale anche per il periodo di stop, riconoscendo ai centri sollievo l’importo totale delle rette come se le attività fossero a pieno regime. Le risorse rischiano così di non arrivare alle famiglie, che alla fine, per buona parte di quest’anno, non si vedranno erogato il servizio».

 

Foto: a destra in alto, del presidente Regionale di Federsolidarietà Veneto Roberto Baldo; in basso, il consigliere regionale Stefano Valdegamberi.