Le ricadute del blocco di molte attività, in particolare quelle di bar e ristoranti, si fanno sentire anche sulla filiera agro-alimentare, costringendo diverse aziende a ridurre le produzioni ed a ricorrere alla Cassa Integrazione.
Tra queste anche Coca-Cola che, in Italia, ha previsto l’utilizzo della Cassa Integrazione per il settore commerciale e per molti stabilimenti, tra cui quello di Nogara che conta quasi 300 dipendenti.
Con un problema però, sollevato dalla Cgil: «La Coca Cola, non solo decide di non concedere nulla ai propri dipendenti in cassintegrazione, ma paventa addirittura ridimensionamenti del personale per il prossimo futuro».
«Se relativamente alla sicurezza ed alla protezione dei propri dipendenti di Nogara, Coca-Cola ha dimostrato attenzione e sensibilità, adottando prontamente le misure precauzionali per limitare al massimo il rischio di contagio per lavoratori e lavoratrici e fornendo loro i dispositivi di protezione individuale, altrettanto non si può dire relativamente all’impatto economico della Cassa Integrazione.
A fronte della richiesta sindacale e della Rsu di prevedere un’integrazione economica dell’indennità di cassa integrazione a carico dell’azienda, e la maturazione di tutti i ratei contrattuali, l’azienda si è limitata a riconoscere solo i ratei relativi a 13sima e 14sima, paventando il rischio che i costi determinati dall’accoglimento delle richieste sindacali potessero portare in futuro ad un ridimensionamento dello stabilimento e quindi del personale – sottolinea Mariapia Mazzasette, segretaria generale della Flai Cgil, la federazione dei lavoratori dell’alimentare -.
Una chiusura che non ci si aspettava da Coca Cola, la regina delle bevande gassate, vincitrice per il quinto anno consecutivo dell’ambito Top Employers Italia per le politiche messe in atto nel campo delle risorse umane, considerato che in diverse grandi aziende e multinazionali del settore, d’accordo con le organizzazioni sindacali, sono state trovate soluzioni per meglio tutelare il reddito dei lavoratori».
«I lavoratori della Coca Cola si sentono penalizzati da queste scelte aziendali, perché il loro senso di appartenenza è forte, ma chiedono di più.
Non è possibile che le politiche dell’azienda siano sempre orientate alla riduzione dei costi del personale, come dimostra anche l’atteggiamento di opposizione alla ripresa e conclusione della trattativa per il rinnovo del contratto collettivo nazionale dell’industria alimentare – conclude Mazzasette -.
I lavoratori e le lavoratrici Coca Cola faranno sentire la loro voce, a partire dalla mobilitazione già in programma per il rinnovo del contratto nazionale Industria Alimentare».
Foto: A sinistra, una linea di produzione nello stabilimento della Coca Cola di Nogara; a destra, Mariapia Mazzasette, segretaria generale della Flai Cgil Verona.