Se la piccola Delia, la notte tra il 25 e il 26 giugno scorso, se n’è andata ancor prima di venire al mondo, non fu colpa dei medici. A impedirle di nascere non sono state le cure dentarie né la doppia anestesia a cui venne sottoposta la mamma 48 ore prima del dramma. – scrive Laura Tedesco sul Corriera – Lo ha stabilito la dottoressa Giovanna Dal Balzo dell’Istituto di medicina legale del Policlinico di Borgo Roma, con l’ausilio degli esperti dell’Istituto Gaslini di Genova, incaricati dal pm Marco Zenatelli di effettuare, presso il Centro Diagnostica Ginecopatologica e Patologia Feto-perinatale del capoluogo ligure, l’analisi della placenta.
Tutto ciò, al fine di stabilire se esistessero o meno correlazioni tra gli interventi dentali a cui era stata sottoposta la madre 32enne, e i drammatici eventi accaduti due giorni dopo, quando all’ospedale di Legnago non sopravvisse Delia, la creatura di sette mesi che teneva in grembo la giovane donna residente con il compagno e altri due figli ai confini tra Verona e Rovigo.
Quattro i medici che vennero iscritti come atto dovuto nel registro degli indagati dal pm che, alla luce degli esiti dell’autopsia, si avvia a chiedere l’archiviazione per tutti. A insistere affinché venisse fatta chiarezza sull’accaduto, era stata la giovane mamma di origini romene residente a Villa d’Adige, ai confini con Menà di Castagnaro, con il compagno e gli altri loro due figli.
Proprio la madre, assistita dalle legali Paola Malavolta e Marta Pasquato, aveva sporto denuncia ai carabinieri dopo il tragico parto a cui nella notte tra il 25 e il 26 giugno non era sopravvissuta la creatura che da sette mesi – pare fosse giunta alla 34esima settimana – teneva in grembo.
I sospetti della coppia erano subito andati alle cure dentarie praticate alla signora meno di 48 ore prima, il 24 giugno, nell’ambulatorio dell’unità operativa semplice dipartimentale di Odontostomatologia, all’interno del Mater Salutis.
Non riusciva più resistere alle fitte che le provocava il terzo molare e per quell’intervento alla bocca «non mi iniettarono una sola, ma due anestesie locali», raccontò la giovane mamma che con il compagno era angosciata dal dubbio di possibili «collegamenti tra quel doppio sedativo e il dramma in sala parto avvenuto appena due notti dopo». Un presunto rapporto di causa-effetto che, però, l’autopsia non ha confermato: per questo, da parte della Procura, la richiesta dell’archiviazione risulta l’unica possibile.
Nessuna responsabilità, dunque, in capo ai quattro medici finiti sotto inchiesta, vale a dire il medico che prestò le cure dentarie e iniettò gli anestetici locali, il medico di ostetricia del Mater Salutis dov’è stato indotto il parto prima della scadenza della gestazione, la ginecologa che l’ha seguita durante la gravidanza e il medico di base della donna.
Per loro, era stata ipotizzata come ipotesi di reato l’omicidio colposo oppure, nel caso in cui fosse emerso che la piccola non aveva respirato neppure un istante, di aborto colposo.
Entrambe le accuse, sono ora cadute. – conclude Laura Tedesco.