Mercatone Uno, i creditori sul piede di guerra pronti alle azioni legali. Lo fa capire l’Associazione dei fornitori guidata da William Beozzo, nata a Bassano del Grappa per tutelare i creditori e che si era proposta al Mise Ministero dello sviluppo economicoe ai commissari di intervenire direttamente per salvare la catena di negozi. «Abbiamo un progetto, sappiamo dove trovare i finanziamenti, conosciamo bene il nostro lavoro – spiega Beozzo – ma i nostri inviti al Mise ed agli amministratori straordinari di sedere ad un tavolo con noi sono stati ignorati. Anzi, ci nascondono il 70% dei documenti ed è appena stato pubblicato un bando a trattativa privata».
Facendo un passo indietro va tenuto presente che i 55 negozi di Mercatore Uno, di cui 4 in Veneto, per 150 dipendenti su 1.890 totali, sono chiusi da maggio. Da quando, cioè, il Tribunale di Milano dichiarò il default di Shernon Holding, società di Padova guidata dal vicentino Valdero Rigoni, ora indagato per bancarotta fraudolenta, che l’anno prima aveva rilevato i punti vendita.
In ballo ci sono più di 500 aziende fornitrici che avanzano 250 milioni di euro e centinaia di addetti in cassa integrazione fino al 31 dicembre. Ieri, a Roma, hanno manifestato davanti al Mise, anche perché, riferisce sempre Beozzo, «l’amministrazione straordinaria non ha versato 50 milioni di contributi Inps e 13 milioni di imposte».
La cordata di creditori che aveva avanzato la propria candidatura per trasformare i crediti in capitale di una newco, cioè di rilevare l’azienda per cercare di risanarla, magari chiudendo i punti vendita non profittevoli, non è però mai stata veramente considerata. Almeno a detta della Associazione stessa che ora vogliono trascinare il ministro di Luigi Di Maio in Tribunale: «È lui che gestisce i Commissari o sono loro a governare la partita? Se non vuole dialogare al punto di negarci la documentazione che ci consentirebbe di condurre un corretto approfondimento – si chiede Beozzo – cosa c’è che mi deve nascondere?». Il fatto di aver pubblicato un bando, in sostanza, non sarebbe che una nuova manifestazione di sostanziale disinteresse, un’apertura a qualsiasi altro concorrente pur nella consapevolezza che le possibilità di individuare chi voglia mettere sul tavolo almeno 200 milioni per tentare di resuscitare il gigante in agonia sono remotissime.
«Il ministero si prenderà poi la responsabilità indiretta di veder fallire per crediti, e non per debiti, centinaia di aziende dell’indotto di Mercatone Uno – prosegue il leader dell’Associazione – e non pensi di averci fatto un favore ammettendo la nostra categoria al Fondo Serenella (uno strumento nato nel 2017 a vantaggio di aziende vittime di clienti insolventi per dolo, ndr) perché quel denaro ci viene solo prestato, per quanto a tasso minimo e con tempi di restituzione lunghi».
Eppure, nell’ultimo incontro al ministero del 3 luglio, il sottosegretario Davide Crippa, rivolgendosi ai fornitori, aveva auspicato «un loro passo avanti, come soggetti che potenzialmente possono essere interessati a diventare anche acquirenti, in quota o in tutto, dell’azien da oggi in difficoltà». La Regione, che segue la vicenda con la propria unità di crisi, si augura che «emergano una o più proposte di rilancio – dice l’assessore al lavoro, Elena Donazzan – purché abbiano davvero gambe per stare in piedi dal punto di vista commerciale».
[Il Nuovo Giornale in collaborazione con Il Corriere di Verona] Gianni Favero
Foto: a sinistra il Mercatone Uno di San Pietro di Legnago; a destra dall’alto, William Beozzo, direttore dell’Associazione fornitori Mercatone Uno; il ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio; l’assessore regionale al Lavoro, Elena Donazzan.