Abdessamd, il padre della bambina messa dieta, ora ha le televisioni sotto casa, per un pò si era fatto negare, ora deve aver capito l’occasione. Rilascia interviste, Del Debbio lo ha invitato nella sua trasmissione su Retequattro e presto lo vedremo in diretta. La storia si vende bene – inutile dirlo – ed è una storia che non vuole sfumature. Il calciatore Antonio Candreva, come promesso, ha staccato un bonifico di solidarietà alla scuola che lo spenderà come crede. «Però qui la miseria non c’entra niente – corregge un vicino di casa – c’entra che quello è uno un po’ particolare: due anni fa a San Zenone ha dato fuoco alla casa che aveva appena comprato, non pagava i ratei del mutuo e la banca se l’era presa. Elicottero, carabinieri, con lui che voleva buttarsi di sotto. Non è successo niente».

Questo scrive Emilio Randon sul Corriere del Veneto, ieri giovedì 11 aprile, sulla vicenda della bambina di Minerbe, che, non potendo pagare la mensa scolastica, si è vista consegnare come pranzo un pacchetto di crackers e una scatoletta di tonno.

Sindaco dal cuore di pietra? Sì, ma anche no. Il giorno dopo ha levato la sanzione, quella famosa del «tonno e crackers». Sindaco pentito? Nemmeno questo: l’ha fatto una volta, l’ha ripetuto una seconda e per quel che si sa potrebbe farlo anche una terza.

Se c’è crudeltà c’è anche del metodo. Andrea Girardi – ingegnere, primo cittadino del comune veronese di Minerbe eletto con il 41 per cento dei voto – applica la regola del colpirne uno per educarne cento. «Rispetto un principio».

La sanzione dietetica del crackers col tonno inflitta a minori non responsabili del pagamento della rette scolastica lui l’aveva già comminata nel dicembre dell’anno scorso – commenta l’inviato del Corriere –  «solo che allora non se ne accorse nessuno e nessuno protestò». L’ha rifatto la settimana scorsa e questa volta l’hanno notato. «Anche allora fu un provvedimento simbolico, durato un giorno che tra l’altro non riguardava nemmeno la bambina di cui si parla ora».

Tonno e crackers. La formula è ad ampio spettro. Abdessamad ne conosce il valore simbolico adesso che mostra una scatola vuota di tonno sul tavolo della cucina: «Oggi ho mangiato come mia figlia, tonno e qualche oliva. Non abbiamo i soldi per riempire il frigorifero». Apre la porta dell’elettrodomestico e ne mostra il contenuto. L’interno è molto vuoto, troppo per una casa abitata da una famiglia con tre bambini. Uno di questi ha subito il trattamento da carcere duro. Nella sezione scolastica dell’obbligo “Berto Barbarani” di Minerbe, un giorno di fine marzo il bidello si è avvicinato alla piccola e le ha detto: «Cara, tu per oggi non mangi con i tuoi compagni, lo fai per conto tuo, tonno e crackers», lo stesso menù di dicembre quando a pranzare diversamente furono due bambini.

«Mia figlia è troppo piccola per capire, la cosa ha fatto più male a me e a mia moglie – dice Abdessamad al giornalista – mi chiedo però, crescendo, cosa ricorderà di quell’episodio? E che opinione si farà del Paese in cui è nata, italiana tra italiani?».

Abdessamad ha 41 anni, da 22 è nel nostro paese e da due vive a Minerbe facendo quello che sa fare, idraulico quando aveva un lavoro fisso, disoccupato poi, giardiniere adesso per chi lo richiede. La moglie lavora in una raffineria di barbabietole. Lui parla un italo-veneto di formidabile integrazione sociale. A dirla tutta, Abdessamad è meno marocchino di certi nostri purissimi figli del Leon.

D’aspetto bianco e di condizione operaia non diversa da quella in cui versano molti dei nostri disoccupati incapaci di mettere insieme il pranzo con la cena. Non ce l’ha con il sindaco: «Mi ha aiutato, quando sono rimasto disoccupato l’amministrazione comunale si è fatta avanti offrendomi un lavoro. L’ho preso salvo scoprire che era una cooperativa e che mi pagavano 400 euro al mese. Con 400 euro ci pago l’affitto. E per il resto, con che cosa campo? Lo vede, ho la macchina ferma qui sotto senza assicurazione».

La macchina è una vecchia Fiat Punto con le gomme sgonfie, la casa no: la famiglia Abdessamad vive in un appartamento di 250 metri quadrati con doppi servizi, salone e quattro camere da letto. Come ci sia finita dentro e per quanto possa stridere con la miseria è un’altra storia anche questa terribilmente simile alle nostre: casa vecchia piccolo prezzo, senza lavoro è sempre troppo grande.

Abdessamad non è diverso da tanti nostri disoccupati – afferma Emilio Randon in questa sua lunga intervista per il Corriere del Veneto – nella grande casa con infissi che cadono e il riscaldamento a bombola, nessuno voleva andarci. Ci è andato lui quando se lo poteva permettere, ora non più. «Tra l’altro il padrone è fallito, l’appartamento è pignorato dalla banca e io ho ricevuto lo sfratto». Il sindaco Girardi conferma la situazione difficile: «Conosco quella famiglia, non è la sola in certe condizioni, la conosceva già mia madre quando si occupava di assistenza ai bisognosi». In paese, inutile dire le simpatie sono tutte per il sindaco leghista – dissidente due ani fa – eletto col 41 per cento contro una lista di leghisti doc che si è spartita il resto dell’elettorato. «E’ un bravo, uno di testa e di cuore. E lo dico io che voto a sinistra» garantisce un pensionato ciclista in cerca di riparo sotto il portico del bar centrale, «forse solo un pò nuovo di amministrazione».

Il Nuovo Giornale aveva deciso di non intervenire in questa vicenda perché le colpe non sono mai da una sola parte e ogni medaglia ha sempre due facce.

Però abbiamo deciso di pubblicare questa intervista di Emilio Randon perché è una pagina di vita quotidiana vista dal di dentro, un ritratto diverso dei protagonisti.

Una cosa però è certa, da questa vicenda, strumentalizzata anche dalla campagna elettorale in atto, nessuno dei protagonisti ne esce bene. Nemmeno il paese di Minerbe che a sua insaputa e senza averlo chiesto ne meritato, si è trovato sulle prime pagine di tutti i giornali.

[ Il Nuovo Giornale Web in collaborazione con Il Corriere del Veneto – Emilio Randon ]