Domenica 24 febbraio alle ore 15.30 torna al Filarmonico di Verona Don Pasquale del compositore bergamasco Gaetano Donizetti.L’opera è stata presentata questa mattina, giovedì 21 febbraio, nel Foyer del Teatro Filarmonico dal sovrintendente e direttore artistico della Fondazione Arena, Cecilia Gasdia.

L’allestimento proposto del titolo donizettiano, è quello con la regia del noto artista Antonio Albanese, che la ideò per Fondazione Arena nel 2013 e ripresa in questa edizione da Roberto Maria Pizzuto, con le scene di Leila Fteita ed i costumi di Elisabetta Gabbioneta. Sul podio del Filarmonico alla guida dell’Orchestra dell’Arena e del Coro, preparato da Vito Lombardi, Pier Alvise Casellati, impegnato per la prima volta con questa partitura. Il Direttore d’Orchestra ritorna a Verona dopo aver debuttato al Teatro Filarmonico con il Concerto Note d’Augurio nel 2013, anno del Centenario del Festival areniano.

Repliche: martedì 26 febbraio, ore 19.00; giovedì 28 febbraio, ore 20.00; domenica 3 marzo, ore 15.30.

Foto: a sinistra la locandina dell’opera; a destra in alto, la presentazione stampa di oggi al Filarmonico; in basso il regista Antonio Albanese.

L’OPERA.

Dramma buffo in tre atti composto tra ottobre e dicembre del 1842, Don Pasquale ci presenta per la prima volta un Donizetti comico, che fa sorridere dalle prime note. Rappresentato per la prima volta al Théâtre-Italien di Parigi il 3 gennaio 1843, quest’opera raccoglie l’eredità delle farse rossiniane e della tradizione comica tardo-napoletana rivisitata e rinnovata, oltre che dell’Elisir d’amore composto quasi dieci anni prima. Ma la vera fonte, come scriverà lo stesso Donizetti al cognato Antonio Vasselli in una lettera del 12 novembre 1842, è il Ser Marcantonio di Angelo Anelli musicato da Stefano Pavesi e rappresentato alla Scala di Milano nel 1810. Il soggetto è identico, con una riduzione del numero dei personaggi principali e qualche altra piccola variazione, come l’eliminazione dei numerosi mascheramenti e della crudeltà della beffa tipica dell’eredità tardo settecentesca. Giovanni Ruffini e lo stesso Donizetti nel rivedere il libretto danno alla vicenda una verosimiglianza e una sfaccettatura psicologica decisamente più profonda rispetto al testo dell’Anelli, interessato al solo meccanismo dei fatti.

La vicenda si svolge a Roma, nel palazzo del “vecchio celibatario” Don Pasquale e, come se guardassimo dalla finestra, dietro una tenda o ad un muro semitrasparente, si può scorgere lo svolgersi della vicenda che inizia in medias res. Don Pasquale, non riuscendo a far maritare il nipote Ernesto con il buon partito che aveva scelto per lui, decide di sposarsi egli stesso con una giovane bella e virtuosa procuratagli dall’amico Malatesta. Ma la realtà dura poco, dalla fine del primo atto tutto si svolge nella finzione del teatro nel teatro: infatti la sposa di Don Pasquale altri non è che Norina travestita, la bella ma modesta vedova di cui è follemente innamorato, ricambiato, Ernesto. Non appena steso il documento nuziale il comportamento della pacata moglie si stravolge in capricci e spese folli, che sconvolgono l’ordinata casa del povero Don Pasquale, fino a culminare nell’appuntamento amoroso dato ad Ernesto. E così a Don Pasquale per disfarsi della moglie non resta che benedire il lieto fine tra Norina ed il nipote.