Il consiglio comunale ha deciso di rinviare di un altro anno la dismissione del Comune dalle società “non strategiche” come previsto dalla Legge Madia.

Tutto rinviato alla fine del 2019, per quanto riguarda le società partecipate dal Comune di Cerea. L’unica che è stata dismessa è quella di Banca Etica, di cui il Comune possedeva trenta azioni per un valore 1700 euro. Per tutto il resto, soprattutto le due società che stanno più a cuore alla cittadinanza, quella della “Fabbrica Srl” e quella del “Consorzio Cerea Spa”, l’amministrazione comunale ha comunicato, durante il consiglio del 28 dicembre scorso, la decisione di soprassedere per un altro anno. 

Come previsto dal cosiddetto Decreto Madia, entro la fine dell’anno andava fatta una ricognizione di tutte le società partecipate per verificare se sussistono le condizioni per rimanerci oppure, in caso contrario, da quali e in che modo l’ente pubblico debba uscire. 

L’unica novità ha riguardato il Cev (Consorzio Energia Veneto) che, a differenza del 2017, ha corretto il rapporto tra personale direttivo e dipendente, e quindi adesso il Comune può restare al suo interno, con una partecipazione minimale. Oltre al fatto che il Cev ha dei contratti in essere con l’amministrazione quindi, fino alla loro scadenza, sarebbe antieconomico uscirne. 

Ma l’attenzione maggiore, ovviamente, si è concentrata sulla “Fabbrica Srl”, che gestisce l’Area Exp, di cui il Comune è socio unico, e il “Consorzio Cerea Spa”, di cui detiene una quota del 20%. L’amministrazione guidata dal sindaco Marco Franzoni ha deciso di prendere tempo fino alla fine del 2019 nonostante dal 2017 non sia cambiato niente delle condizioni che impedivano al Comune di detenere in toto o in parte quote delle suddette imprese. 

Nel primo caso, quello della Fabbrica, perché il fatturato medio della società, nell’ultimo triennio, è stato di 250- 260 mila euro all’anno, quindi una somma ben al di sotto del milione di euro previsto dalla legge Madia per continuare a tenere in piedi la società. 

Nel secondo caso, del Consorzio che tratta inerti, plastica e carta, la quota del 20% detenuta dal Comune va dismessa perché l’ente pubblico non può occuparsi di trattamento dei rifiuti. Nell’ottobre scorso il sindaco Franzoni faceva sapere che il valore della quota comunale, secondo una perizia tecnica giurata, era di 120 mila euro. Quindi non restava che indire un’asta pubblica per la vendita di quella quota che, quasi certamente, sarebbe stata acquisita dal socio di maggioranza, Tavellin, che ha anche il diritto di prelazione. L’ asta è stata fatta, è arrivata una sola offerta che è agli atti ancora in busta chiusa, perché, nel frattempo, sono sorte alcune problematiche di ordine giuridico e burocratico. 

«A seguito di alcune disquisizioni – ha spiegato il sindaco – anche con il parere favorevole della Corte dei conti, si è pensato di allungare i termini fino alla fine del 2019. Dalla Regione, infatti, non sono arrivate ancora le dovute autorizzazioni per la tipologia dei rifiuti trattati e questo, viene rilevato dagli uffici tecnici e anche dai revisori potrebbe portare a dei cambiamenti nella perizia sul valore dell’azienda. Ma confidiamo, comunque, di chiudere anzitempo la procedura». 

Il sindaco, inoltre, ha assicurato che comunque, anche dopo l’uscita dal “Consorzio Cerea Spa”, il Comune avrebbe continuato a godere delle sponsorizzazioni (circa 20 mila euro all’ anno) e sarebbero state mantenute «le convenzioni che ci garantiscono tariffe agevolate per il conferimento della plastica e della carta».

Per la “Fabbrica Srl”, il discorso è molto più complesso, perché da una parte il Comune deve uscire dalla società in quanto lo impone la legge Madia; dall’altra, non ha nessuna intenzione di vendere gli immobili dell’Area Exp che la società gestisce. L’idea di dar vita ad una Fondazione era venuta in mente al primo cittadino stesso, una soluzione che va però studiata con cura. Insomma, detto in soldoni, il Comune dovrebbe uscire da La Fabbrica, senza però perderne il controllo. 

Paolo Bruschetta, capogruppo della Coccinella, ha espresso le sue perplessità sul fatto che il Comune, uscendo dal Consorzio Cerea, possa mantenere le agevolazioni di cui gode ora, allo scadere dell’attuale convenzione nel 2021. Milko Cavaler, di Nuova Alba, ha contestato la decisione di voler mantenere «il cordone ombelicale», attaccato alla futura Fondazione che sostituirà La Fabbrica Srl perché questa scelta non aiuta la società a crescere e ad allargarsi al territorio, aprendo a nuove realtà che possono portare linfa vitale a una realtà che, di fatto, non decolla. Saranno anche servizi utili – ha sottolineato Cavaler – ma limitarsi ad occupare gli spazi espositivi ospitando l’ Aggregazione dei medici o il poliambulatorio e il Giudice di pace, non porta innovazione e sviluppo per il territorio». 

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