L’assessore alle Infrastrutture Elisa De Berti: «Il privato non ha accettato di sottoscrivere la convenzione alle condizioni del bando e ha proposto modifiche giuridicamente inaccettabili.
La chiusura del rapporto concessorio era la condizione imprescindibile per poter procedere ugualmente con la progettazione, che a questo punto faremo noi, di una strada libera, senza pedaggio e a due corsie. I soldi in bilancio ci sono».
La Sr 10 è una delle strade che, nell’ambito nell’operazione Veneto Strade, sarà riclassificata e trasferita ad Anas. Sarà quindi la società statale ad occuparsi del progetto esecutivo e a costruire l’arteria, procedendo per stralci funzionali.
Il governatore Luca Zaia l’aveva definita «un’ulteriore spinta al recupero del gap infrastrutturale del quale soffre il Veneto rispetto ad altre regioni d’Italia e d’Europa». I sindaci e le imprese la invocano da anni ed anche per questo la «Nuova Sr 10 Padana Inferiore», superstrada a pedaggio da 291 milioni che dovrebbe collegare la Bassa Padovana alla Bassa Veronese da Carceri a Legnago, aveva goduto di un occhio di riguardo rispetto ad altri progetti, venendo esclusa dalla lista di quelli oggetto di revisione da parte della commissione istituita dalla legge 15 del 2015, sebbene due delle tre ditte che se l’erano aggiudicata, Maltauro e Coedmar, fossero state coinvolte nelle inchieste su Expo e Mose (motivo di stop per altri interventi poi cestinati oppure sospesi, come la Via del Mare il cui iter com’è noto è ripreso all’inizio del mese).
Tant’è, da una delibera di giunta dello scorso 7 agosto si apprende che in realtà sono state proprio Maltauro e Coedmar, insieme alla terza impresa della cordata, Vittadello, a tirarsi indietro rinunciando alla concessione per la progettazione, la costruzione e la gestione della superstrada, evidentemente ritenuta a 6 anni dalla gara non più così appetibile. A farsi carico della progettazione definitiva dovrà quindi essere ora la Regione (sono stati stanziati 4 milioni), mentre quella esecutiva toccherà ad Anas che si occuperà anche della costruzione procedendo per stralci funzionali, con un inevitabile allungamento dei tempi di realizzazione (i privati garantivano l’apertura in 4 anni). I motivi del passo indietro di Maltauro, Coedmar e Vittadello, oggetto di un carteggio durato due anni con la Regione, ricordano quelli del contenzioso risolto a fatica con Sis sulla Pedemontana. Dopo l’aggiudicazione della gara nel 2013 ai danni di Serenissima, l’opera è infatti finita in un limbo durato tre anni nel corso del quale, secondo le imprese, sono maturate criticità tali da costringerli a ridiscutere l’intera concessione per come era stata pensata, ossia 38 anni di durata, pedaggio «free flow» con esenzione per due anni per i residenti, contributo pubblico di 33,5 milioni (che peraltro all’epoca la Regione sosteneva di non poter più erogare). In particolare, i problemi riguardavano i flussi di traffico, ridottisi per via della crisi e della mancanza di certezze sulla costruzione della «Nuova Romea» e della «Nogara-Mare», pure finite nel limbo; il sistema di esazione «free flow», senza caselli, con le telecamere, che «non essendo stata ancora emanata la specifica normativa nazionale di applicazione della direttiva Ue, risulta causa di possibili mancati introiti dei pedaggi»; l’aumento dei costi di costruzione.
Anche per via del pressing del consiglio regionale (in prima linea il vicepresidente Massimo Giorgetti ed il consigliere di Fratelli d’Italia Massimiliano Barison) la Regione ha provato ad avviare una trattativa, trovando pure i soldi per il contributo pubblico, trattativa finita però malamente anche per via di alcune complicanze normative come le nuove regole sul closing bancario e la richiesta di uno studio di impatto ambientale aggiornato. Alcune richieste dei privati, a loro volta, sono state ritenute irricevibili, come quella secondo cui la Regione avrebbe dovuto sobbarcarsi il 50% dei costi di progettazione se l’opera avesse poi subito lo stop delle banche. E così si è arrivati alla rottura, con le imprese pronte ora a chiedere «il ristoro sia in ordine alle spese sostenute che alla impossibilità a dar seguito alle attività imprenditoriali». È la fine della Nuova Padana Inferiore? L’assessore alle Infrastrutture Elisa De Berti lo nega con forza: «Il privato non ha accettato di sottoscrivere la convenzione alle condizioni del bando e ha proposto modifiche giuridicamente inaccettabili. La chiusura del rapporto concessorio era la condizione imprescindibile per poter procedere ugualmente con la progettazione, che a questo punto faremo noi, di una strada libera, senza pedaggio e a due corsie. I soldi in bilancio ci sono».