Dopo “Arlecchino muto per spavento” la ventiquattresima edizione di Divertiamoci a teatro, rassegna organizzata dal Teatro Stabile di Verona, propone al Teatro Nuovo da martedì 21 a venerdì 24 marzo con inizio alle 21.00 la divertente commedia “Tre uomini e una culla” tratta dall’omonimo film di Coline Serreau del 1985.
Ne sono protagonisti Giorgio Lupano, Gabriele Pignotta e Attilio Fontana con la regia dello stesso Pignotta. In scena, accanto a loro, Fabio Avaro, Carlotta Rondana e Samuel Tasinaje.
Lo spettacolo è prodotto da a.Artisti.Associati. L’adattamento teatrale del film, che fu un grande successo con protagonisti Roland Giraud, Michel Boujenah e André Dussollier, è della stessa Serreau.
«Film di una donna sugli uomini rivolto specialmente alle donne» lo definì il Morandini sottolineando (da allora sono passati quasi quarant’anni) quanto fosse divertente vedere tre uomini alle prese con pannolini e biberon.
Due anni dopo, nel 1987, uscì il rifacimento americano “Tre scapoli e un bebè” con Tom Selleck: anch’esso un grande successo. Al punto che ci fu un seguito nel 1990: “Tre scapoli e una bimba”, sempre con Tom Selleck.
La commedia approda per la prima volta sui palcoscenici italiani. La vicenda ricalca fedelmente quella del film originale che vede la piccola Marie piombare improvvisamente nella routine libertina di tre scapoli incalliti. Ovviamente ne conquisterà l’affetto e ne rivoluzionerà la vita.
Le scene sono di Matteo Soltanto, i costumi di Silvia Frattolillo e le luci di Eva Bruno.
«Lo spettacolo – ha scritto la rivista “Sipario” in occasione della prima nazionale al festival di Borgio Verezzi nell’agosto 2021 – emoziona il pubblico con un sapiente mix di tenerezza e divertimento perché tratta con levità e brio il ruolo dei padri e i nuovi modelli di famiglia.
Inoltre illustra con finezza, garbo e nel contempo incisività, non solo la scoperta della maternità da parte di tre uomini, ma anche quella del femminile che è in noi.
All’inizio i tre, che sono archetipi dell’uomo che una donna può incontrare e amare (l’uomo padre, il Don Giovanni e il fratello), rifiutano ogni responsabilità perché non vogliono perdere la propria infanzia.
Presto però verranno conquistati dall’affetto per la piccola creatura che ne rivoluzionerà positivamente l’esistenza.
La pièce, ricca di spunti comici e momenti toccanti, si conferma un lavoro originale, capace di offrire, al pari di altri testi della Serreau, un ritratto ricco dei rapporti tra i sessi nella Francia dell’ultimo ventennio del Novecento.
Le sequenze in cui è articolato lo spettacolo, inframmezzate in maniera funzionale da canzoni francesi degli anni Ottanta, sono vivacizzate da scene parallele in un alternarsi di esterni e interni che si susseguono – conclude la rivista – con maestria, sveltezza e brio».