Potrebbe essere la risorsa gassosa che dominerà il panorama energetico dei prossimi anni. Per questo l’Ordine degli Ingegneri di Verona, nell’annuale assemblea che si è svolta ieri pomeriggio, ha deciso di dedicare un approfondimento all’idrogeno green che si ottiene da fonti rinnovabili.
Le sperimentazioni non mancano, specie all’estero, ma anche nella nostra città vi sono eccellenze da scoprire, con tecnologie già pronte all’installazione.
«Abbiamo voluto scendere nel concreto e chiarire le tecnologie attualmente disponibili sul mercato per poter utilizzare l’idrogeno in qualsiasi ambito, residenziale o industriale che sia», – evidenzia il presidente dell’Ordine, Matteo Limoni (nella foto), ricordando l’impegno per pianificare incontri con tecnici, cittadini e con il Comune sui temi del risparmio energetico, affrontando anche le modalità per costituire le comunità energetiche – «Abbiamo intercettato un bando sulla digitalizzazione che porterà all’Ordine 14mila euro per migliorare i servizi digitali e di utilizzo dello Spid. Siamo sempre in prima linea sugli incentivi fiscali legati alle riqualificazioni sismiche ed energetiche con tavoli interdisciplinari con le altre categorie per risolvere le criticità dei bonus, in particolare quelli legati alla cessione del credito d’imposta su cantieri iniziati o già conclusi.
E proseguono le relazioni con il mondo della scuola su argomenti che coinvolgono l’educazione civica e l’orientamento degli studenti.
Abbiamo avuto contatti anche con l’Università per collaborare su temi che possono riguardare l’ingegneria».
Circa il focus torna a precisare: «Si parla molto di idrogeno nel settore automobilistico, ma gli sbocchi sono molti. Il Pnrr sta dando soldi per l’erogazione di aree di servizio sull’A4 e sull’A1 e Verona sarà un polo importante. Serve un’azione nazionale, governativa più che privata e industriale per entrare davvero in una nuova era».
«Al momento l’idrogeno si produce dal metano, immettendo Co2 in atmosfera, ma se l’elettrolisi fosse alimentata dall’energia solare, eolica o idraulica non vi sarebbe impatto ambientale», – sottolinea Alberto Valli, coordinatore del seminario che è stato organizzato sotto la direzione della commissione per l’innovazione dell’Ordine.
Un esempio arriva da Emanuele Castioni, socio e amministratore delegato di Hyter società, di cui è fondatore, nata a Verona nel 2011 e con sede ora a Desenzano del Garda. L’azienda è specializzata proprio nella produzione di generatori di idrogeno verde, che deriva dalla molecola dell’acqua utilizzando fotovoltaico, eolico e idroelettrico. «Abbiamo ripreso in mano i libri di chimica e siamo arrivati a due brevetti per realizzare celle elettrolitiche in cui passa l’acqua, applicando la corrente ne escono idrogeno e ossigeno». – riferisce – «Il primo prodotto è del 2015, e abbiamo poi realizzato un generatore di idrogeno. La caratteristica più interessante dell’elemento è che ha un grande potere energetico conservabile, che non cambia nel tempo, come accade per le batterie classiche che siamo abituati a utilizzare. Può essere usato per scaldare, fare energia elettrica, nei processi industriali o come combustibile. Siamo di fronte a nuovo percorso energetico, un mercato che ha iniziato a galoppare negli ultimi tre anni».
Castioni è convito che, favorendo il compartimento di idrogeno ed energie rinnovabili, il nostro Paese da compratore potrebbe divenire venditore di energia. «Le rinnovabili in Italia hanno superato i 60 gigawatt nel 2021 tra fotovoltaico, eolico e idroelettrico e se il primato lo detiene la Lombardia con 9 Gigawatt installati, il Veneto è al quinto posto con i suoi 4 Gigawatt”, fa notare. «Stiamo partecipando ai tavoli nazionali per perorare la causa dell’idrogeno e mettere già bozze di lavoro da presente al Ministero».
Il 60% di Hyter è stato acquisito da Pietro Fiorentini SpA, azienda leader nelle soluzioni tecnologiche per il sistema multigas. Da oltre 80 anni l’azienda lavora nell’ambito del gas naturale e dal 2019 ha iniziato a sviluppare un proprio portafoglio prodotti dedicato all’utilizzo dell’idrogeno nella rete del gas.
«La molecola suscita un interesse crescente perché rappresenta un valido sostituto al gas naturale in ottica dell’obiettivo NetZero 2050 e i vari trasportatori e distributori la stanno testando”, dice Matteo Cazzola, specialista delle soluzioni idrogeno per l’azienda, storica fornitrice dei principali player italiani del gas naturale. «Oggi è ammissibile solo un 2% di idrogeno in rete ma ci sono già siti di sperimentazione per aumentare tale percentuale. La readiness dell’infrastruttura gas va studiata e adattata al fine di sfruttare in quote maggiori questa molecola green«.
La burocrazia italiana mette i bastoni tra le ruote.
«I paletti per gli impianti di rinnovabili sono troppo rigidi. Bisogna semplificare e velocizzare», è convinto Bruno Giordano della Giordano Controls spa, l’azienda di Villa Bartolomea dedita allo sviluppo dell’elettronica per sistemi di termoregolazione climatica in ambito residenziale che azzerarino le emissioni di CO2.
«Le energie rinnovabili sono intermittenti e servono quindi accumuli. Con l’idrogeno il contenuto energetico resta invariato nel tempo e ormai da 10 anni sostengo che è il modo futuro per immagazzinare energia in maniera pulita. Quando lo si ritraforma in energia non si creano scorie né inquinamento. Se poi lo si unisce all’azoto, che rappresenta il 71% dell’aria respirata, si ottiene ammoniaca, un liquido più facile da immagazzinare e che non richiede temperature eccessivamente sotto lo zero. Se invece sequestrassimo con appositi impianti la C02 dall’aria, da una parte contribuiremmo alla sua riduzione in atmosfera, dall’altra potremmo combinarla con l’idrogeno e ottenere dalla reazione chimica Metano e Ossigeno. Avremmo così un gas metano ricavato in maniera chimica, più puro e con un contenuto energetico più stabile».
Giordano teme la lentezza del processo di cambiamento: «L’energia prodotta in Italia è soprattutto con gas e impianti termici e questo significa inquinamento e Co2. Dobbiamo smettere di usare petrolio e carbone e puntare a nuovi tipi di energia che ci rendano indipendenti. Le aziende italiane stanno morendo perché non sono più competitive, pagano 180 euro per megawatt ora contro i 70 della Germania e i 65 della Francia. Ma idrogeno e rinnovabili possono essere la soluzione».