«Am’ dispias. Ma mi, ai animai, ag vòi ben…». Passeggiando nel cortile di casa, ora ripete che gli dispiace per quel disastro che ha combinato. E giura che lui, agli animali, vuole davvero un gran bene.
«Ho 82 anni e sono cresciuto circondato dalle bestie: con la terra ci lavoro da tutta la vita. Ma cercate di capire: ero esasperato» – non si dà pace il contadino di Serravalle a Po, paesino di neppure 1.500 anime immerse in un territorio di frutteti e campi seminati a cereali, intervistato da Andrea Priante per il Corriere di Verona.
Qui si parla dialetto mantovano, anche se il Veneto comincia appena al di là del confine. Le coltivazioni di Francesco Begnardi ricamdono proprio nel comune di Gazzo Veronese, accanto all’oasi naturalistica del Busatello. È lì che martedì c’è stata la strage degli animali selvatici.
Lepri, volpi, fagiani. Anche specie a rischio di estinzione, come gli aironi che abitano l’area umida protetta gestita dal Wwf. Sono tutti morti avvelenati, dopo aver inghiottito del mais intriso di una sostanza tossica. «È un veleno che si usa in campagna» assicura Begnardi. Lo sa bene, perché a spargere le esche nel campo è stato proprio quest’anziano contadino di Serravalle.
La polizia provinciale di Verona l’ha messo sotto inchiesta e rischia un processo. «Ma al giudice dirò che ho agito per disperazione», spiega. «Poi, gli chiederò come devo fare a difendermi da quelle bestiacce».
L’obiettivo di Begnardi non erano certo gli aironi o le lepri. «Volevo abbattere le maledette nutrie. Ormai sono ovunque: rovinano gli argini, scavano delle gallerie così lunghe che il terreno frana. Col rischio che i trattori si rovescino e che qualcuno rimanga ammazzato». Ma soprattutto, le nutrie divorano il raccolto: «Io semino e, appena spunta il granoturco loro mangiano le piantine. Tutte, fino all’ultima fogliolina. Ho 40mila metri quadrati di terreni, che quei roditori stanno distruggendo tutto. Non sapevo più che inventarmi per salvare le coltivazioni».
Al cronista racconta di riscuotere una pensione di 700 euro e che i guadagni che derivano dai raccolti gli servono per arrivare a fine mese «e pagare l’Imu, le tasse, il Consorzio agricolo…».
Stefani Negrini, il sindaco di Gazzo Veronese, non giustifica l’idea delle esche imbevute di insetticida però conferma che la situazione è insostenibile: «Qui le nutrie, comparse negli anni Ottanta, si sono moltiplicate a dismisura. Solo nell’ultimo mese ne abbiamo abbattute tremila. Non serve a nulla: oramai nei canali della zona se ne contano a decine di migliaia e ogni quattro mesi le femmine danno alla luce nuovi cuccioli. Una volta fuggivano, invece ora stanno diventando aggressive: attaccano l’uomo, entrano perfino nelle abitazioni».
L’ottantenne e i suoi familiari hanno trascorso la mattinata di ieri aiutando la protezione civile a togliere di mezzo il mais contaminato. È amara la conclusione dello sfogo di Francesco Begnardi: «Io ne pagherò le conseguenze e alla fine di tutto avranno vinto ancora le nutrie».
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