D’ora in poi dovranno trovarsi un lavoro e stop al mantenimento. Clamorosa decisione della Corte suprema di Cassazione, con sede a Roma in piazza Cavour, presieduta da Pietro Curzio, che “butta giù dal letto” e manda a lavorare i figli che si fanno mantenere fino a 30anni.

Una sentenza che si aspettava da tempo. Scrivono i giudici, chiaro e inequivocabile, che: il genitore deve mantenere il figlio finché non è autonomo, purché il figlio faccia di tutto per trovare lavoro dopo gli studi, che non devono protrarsi troppo a lungo.

Solo in Italia si mantengono i figli fino ai 30 anni, ma è ora di invertire la tendenza. Per evitare che si finisca in un “abuso di diritto”, finiti gli studi, che siano liceali, di laurea triennale o specialistica, i figli hanno il dovere di trovare un’occupazione e rendersi autonomi, senza capricci incompatibili con il mercato del lavoro, poiché l’assegno di mantenimento ha una funzione educativa e non è una rendita infinita.
Tutto questo viene graniticamente certificato con la sentenza numero 17183. I giudici confermano l’obbligo del figlio di fare di tutto per trovare un lavoro qualunque pur di rendersi autonomo, in attesa di un impiego più corrispondente alle proprie aspirazioni.

Tutto è partito con la denuncia di una madre che contestava la decisione della Corte d’appello di revocare l’assegno versato dall’ex marito in favore del figlio, un professore di musica precario e trentenne, oltre che di revocare l’assegnazione della casa coniugale.

I giudici territoriali hanno fatto notare come ormai in ogni paese del mondo si dà per scontata l’indipendenza economica a trent’anni, tranne che in Italia. E neanche la disoccupazione può essere considerata un pretesto, poiché può riguardare chiunque, anche persone più avanti negli anni, come infatti era successo all’ex marito in questione che a sessant’anni si era trovato costretto a chiudere il negozio, sua fonte di guadagno, e tornare a vivere con la madre anziana, senza però che questa fosse costretta a versargli un mantenimento per legge.

Per i giudici della Cassazione, quindi, è specifico dovere del figlio, ormai uomo, “ridurre le proprie ambizioni adolescenziali” cercando un modo per mantenersi anche non in linea con il lavoro da lui preferito.

Foto: a sinistra, la locandina del film “Tanguy le ritour” sottotitolo: regola n°1 mai abbandonare la casa di mamma e papà; a destra, il giudice Pietro Curzio.