Questa è la storia che Matteo Bonfante, 43 anni imprenditore, presidente della Bonfante Interior Contractor di Cerea, ha voluto raccontarci.
«In questi giorni molto particolari, sicuramente difficili, una delle frasi piu sentite soprattutto tra gli imprenditori è ”se non ci aiutiamo tra di noi”, cioè la necessità di fare sinergia.
Un imprenditore ha sempre una spinta particolare che lo motiva in qualsiasi situazione, un senso di protezione, un orgoglio innato di voler far continuare la propria attività e tutto ciò che essa genera: lavoro, stipendi, sviluppo, benessere.
Una spinta che genera decisioni immediate, filiere corte, senza burocrazia, pensate la notte e attuate al mattino.
È il motore che non si ferma mai nonostante l’incertezza, la politica e il sistema: è il futuro.
Aziendalmente parlando in situazioni difficili forse la cosa giusta potrebbe essere risparmiare, recuperare e fare il minimo possibile, come le formiche che si preparano all’inverno.
Però se ci si ferma un attimo e si pensa: “se tutti facessero così allora questa tanto desiderata ripresa quando arriverà?”
Quindi mi sono detto: che cosa faccio? Cerco il più possibile di continuare a fare quello che mi piace e che mi fa stare bene, lavorare, pensare e creare.
Nel perido di lockdown più duro, in azienda non potevamo fare nulla, quindi abbiamo fatto ciò che andava fatto: ripulito e riorganizzato i nostri luoghi di lavoro e di conseguenza le nostre menti.
Mi è tornato in mente così ciò che mi diceva mia nonna in continuazione ogni volta che mi salutava: “Matteo fa pulito!” Se fosse ancora al mondo l’essenza di questa frase potrebbe risolvere tanti problemi, se tutti facessimo pulito ognuno con le proprie possibilità, dal rispetto delle regole per non diffondere il virus e dare tutti il nostro contributo tutto sarebbe piu semplice.
Il pensiero pulito quindi ha fatto nascere molte idee, compresa con molta semplicità quella di donare 50 pannelli di protezione un pò diversi dal solito, riulitizzabili e di design, ad uno dei luoghi piu vicini all’emergenza, dove sono nati i miei figli e dove lavorano molti miei amici: l’ospedale Mater Salutis di Legnago.
Di pannelli di protezione ora ne è pieno il mercato e non credo sia un business dal quale ricavare chissà che profitto, anzi, la mancanza di materia prima come il plexiglass o simile sta diventando come le mascherine…introvabile.
Inoltre i nomi che stanno dando a questi dispositivi fanno paura solo a sentirli: parafiato, parasputi, divisorio, capisco che la sostanza è quella ma è come se tutti ci chiamassero persona o peggio ancora “coso”.
Per fortuna ognuno di noi invece ha un nome, quindi abbiamo pensato di chiamarlo Divoc che molto semplicemente è Covid al contrario, lo slogan che ci siamo inventati mentre stavano costruendo il prototipo è “Divoc le cose cambiano”, perché se vogliamo pensare pulito dobbiamo pensare positivo rimanendo oggettivi, quindi sicuramente le cose cambieranno e torneranno alla normalità. Divoc cambierà alla fine dell’emergenza, diventerà un planning settimanale per pianificare le cene con gli amici o un appendiabiti o un porta telefono o tante altre cose, così non dovremo smaltire tonnellate di plexiglass e senza volerlo faremo ancora più pulito perchè daremo una mano all’ambiente».
Foto: a sinistra, la consegna dei Divoc all’ospedale; a destra Matteo Bonfante.