C’è stata una riduzione dello smog tra fine febbraio e i primi giorni di marzo nell’area della pianura padana; ma l’inquinamento dell’aria è ritornato a salire dal 10 marzo in poi.
Questo quanto emerge dal rapporto di Legambiente: “L’inquinamento atmosferico al tempo del coronavirus: ripartiamo con ambiente, salute, prevenzione”, in cui si ricorda che «l’emergenza inquinamento atmosferico nella pianura padana ha visto sicuramente in gennaio 2020 il mese peggiore».

Secondo Legambiente «c’è stato un ‘crollo’», iniziato qualche giorno prima, «ancor più marcato delle concentrazioni di polveri sottili in tutte le regioni padane tra la fine di febbraio e i primi 10 giorni di marzo», da un lato per via delle «misure di contenimento del virus, su tutte la diminuzione della circolazione delle auto private e del traffico, dall’altro a causa delle condizioni meteo che all’inizio del mese di febbraio, con pioggia e un aumento dei venti, hanno disperso gli inquinanti».

Ma a partire «dal 10 marzo un po’ in tutta l’area si sono registrati aumenti delle concentrazioni di PM10, le polveri sottili, e qualche giornata di superamento del limite giornaliero» (la soglia di legge per la salute è fissata a 35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore a 50 microgrammi per metro cubo).

La ragione – viene spiegato – potrebbe essere nel cambio delle «condizioni climatiche legate al mese di marzo» e anche per il contributo derivante “dal comparto dell’agricoltura e della zootecnia che vedono nei mesi di febbraio e marzo il periodo di spandimento dei liquami sui campi per prepararli alla semina primaverile»; a questo bisogna aggiungere «le perturbazioni transfrontaliere che proprio alla fine di marzo hanno fatto schizzare alle stelle le polveri sottili e che sono probabilmente dovute, secondo gli esperti, alle polveri caucasiche prese in carico e trasportate dai venti del’est».