Serrande abbassate, questa mattina, sabato 25 maggio 2019, nel punto vendita di San Pietro di Legnago e negli altri 55 negozi in Italia a marchio Mercatone Uno, nota catena della grande distribuzione di mobili.
È l’amara sorpresa che si sono trovati davanti i circa 1.800 dipendenti (e i clienti, ancora numerosi) del gruppo, che senza alcun preavviso da parte della proprietà, si sono recati normalmente a lavoro, trovando però chiusi centri commerciali e magazzini, dal Veneto alla Puglia.
La chiusura è l’effetto della sentenza con cui, nella giornata di ieri venerdì, il tribunale fallimentare di Milano ha decretato il fallimento della Shernon Holding srl, che nell’agosto del 2018 aveva a sua volta rilevato i punti vendita dello storico marchio emiliano, mitico sponsor di Marco Pantani e di tanti altri campioni del ciclismo negli anni 90.
La Shernon Holding aveva annunciato un imponente piano di rilancio proiettato verso nuovi importanti ricavi già dal 2022. Il nuovo piano avrebbe dovuto vedere la luce entro fine maggio. Così però non è stato, perché a soli 8 mesi dall’acquisizione, la stessa Shernon aveva presentato richiesta di concordato preventivo in continuità, garantendo comunque i presidi occupazionali fino al 30 maggio, data in cui è in programma da tempo un incontro al Ministero per lo Sviluppo Economico per studiare un piano di salvataggio per l’azienda. E invece giovedì 23 maggio, senza alcun preavviso, la Shernon ha dichiarato fallimento.
«E quello che è più grave – dichiarano a caldo alcuni rappresentanti sindacali di categoria presenti – è che la società non solo non ha comunicato nulla ai sindacati, ma ha tenuto all’oscuro i lavoratori, ai quali non è arrivata alcuna lettera di licenziamento, e che hanno saputo della chiusura soltanto stamane trovando le porte chiuse o sui social dai responsabili delle varie filiali. Anche loro aggiornati all’ultimo secondo. Un comportamento inaccettabile, che necessita di un intervento imminente da parte del Ministero».
La società Shernon Holdings aveva rilevato i punti vendita della storica catena per la grande distribuzione di mobili con la prospettiva di effettuare investimenti per diversi milioni di euro e, come ricorda un direttore commerciale, arrivare a «quintuplicare il fatturato entro il 2022».
Avendo la Shernon Holding dichiarato fallimento, i sindacati hanno poca possibilità di manovra nella difficile operazione di salvaguardia dei diritti dei dipendenti: «Ora dobbiamo riuscire a recuperare il Tfr, la tredicesima e la quattordicesima, lo stipendio di maggio e degli ultimi dieci giorni di aprile, mese in cui era stato attivato il concordato preventivo e quindi debiti e crediti erano stati bloccati.
Riteniamo – affermano i sindacati – che chi abbia avallato la vendita dei punti vendita alla Shernon Holding abbia compiuto una leggerezza e fatto una scelta tutt’altro che lungimirante.
Dichiarando fallimento dopo soli sette mesi, l’azienda ha dimostrato di non avere le capacità né le possibilità per poter andare avanti su ‘gambe’ solide, che evidentemente non c’erano nemmeno al momento dell’acquisizione.
Ciò è confermato anche dalla totale assenza di interventi di rilancio dei negozi o di campagne pubblicitarie.
L’azienda ha rilevato i negozi ricorrendo ai debiti e poi non ha pagato quanto dovuti ai dipendenti: come al solito, a compensare le mancanze ci dovrà pensare lo stato, con il fondo di garanzia dell’Inps».